Qualche giorno fa sono stato qui a Dublino alla Guinness Storehouse, la fabbrica della Guinness. Ed è stato effettivamente come entrare in un manuale di marketing turistico. Una cosa che, a dire la verità, non mi aspettavo per nulla, perché memore delle esperienze fatte una decina di anni fa’, quando organizzavo eventi all’università con le associazioni studentesche, in cui tutto era completamente diverso. Era un tipo di esperienza molto più bucolica, molto più rurale, molto più… naturale se vogliamo. E, più o meno, questo era quello che mi aspettavo di trovare alla Guinness Storehouse. Invece ho trovato uno scenario completamente diverso!
Ora, considera che la Guinness Storehouse consta di sei piani e per visitarla bene ci vogliono almeno due ore e mezzo/tre ore. Salvo che tu non sia particolarmente appassionato del tema, va da sé che ti aspetti che tre ore in un posto del genere siano particolarmente pesanti. Invece, stranamente, non è affatto così. Tutto perché l’intera impostazione gioca molto sullo storytelling. Infatti tu della fabbrica in sé non vedi praticamente nulla, però fai una sorta di percorso che ti accompagna attraverso varie fasi.
Si passa dalla storia della famiglia Guinness e della nascita della fabbrica raccontata su schermi in alta definizione da attori in abiti del ‘700, alle varie fasi di preparazione della birra. Per cui c’è la parte dedicata agli ingredienti e la parte dedicata ai macchinari. La cosa curiosa è che i macchinari effettivamente non li vedi, sono semplicemente delle riproduzioni. Per ogni fase della preparazione ci sono dei video esplicativi che hanno uno stile abbastanza americano se vogliamo. Sicuramente se hai guardato un po’ di puntate dei Simpsons ti ricorderai del personaggio di Troy McClure. Il classico attore, più o meno famoso, che viene messo a fare i video esplicativi e che, ogni volta, all’inizio del video si presenta con la sua classica frase: ” Salve! Sono Troy McClure…” È una cosa fantastica perché, per quanto poi possa far sorridere, la gente effettivamente noti che lo segue. Cioè si guardano quei due/tre minuti di video e apprendono velocemente quella fase della preparazione.
E lì, se non fosse che sono sei piani, ti aspetteresti che, più o meno, sia già finito tutto. E invece si passa agli aspetti collaterali del prodotto. Video pensati e realizzati negli anni 50 su come si facevano all’epoca le botti a mano; Le ricerche e l’innovazione fatte dall’azienda in termini di trasporti tra l’800 e il 900. Perché, essendo tipo di birra particolarmente delicata, avevano dovuto investire sui trasporti per riuscire ad esportarla; E ancora, l’impatto che il prodotto ha avuto sull’arte. Cioè, fermiamoci un attimo, stiamo ancora parlando di birra.
Ma andiamo oltre. C’è una sala dedicata all’assaggio in cui è possibile respirare i vapori aromatizzati con i vari profumi del prodotto. Tutto questo in una sala completamente bianca, estremamente luminosa. Salvo poi passare in una sala buia, scura, quasi medievale, per la sessione dell’assaggio. E questo contratto tra bianco e nero è costante, perché rispecchia i colori del brand. In alcuni momenti ti entra in testa. In maniera inconscia, ma ti entra in testa.
Dopodiché c’è un piano intero dedicato all’advertising. Tutti i poster, le locandine, i personaggi, le campagne che hanno utilizzato per promuovere questo prodotto. Ce ne sono delle più disparate. C’è persino un pesce che usa una bicicletta! È persino possibile vedere le pubblicità storiche della Guinness in un salone multimediale fantastico. E, a meno che tu non sia del mestiere, per cui sei interessato a questo genere di cose, non è facile convincere qualcuno a fermarsi e a guardare una pubblicità! Beh, in questo caso ti assicuro che la gente non solo si ferma, ma ha pure pagato 20 euro di biglietto!
Poi ancora un esperienza diretta: la possibilità di imparare a spillare una Guinness. Che ha una procedura particolare perché, come chi vive a Dublino sa bene, la Guinness si spilla in due fasi. E, chiaramente se non vivi in Irlanda e vieni da un altro paese, difficilmente, anche se hai un bar ti sarà capitato di spillare una Guinness. Questo genere di interazione aumenta il valore dell’esperienza.
Infine, tralasciando i bar e i ristoranti che si trovano là in mezzo, si arriva all’ultimo piano, dove c’è il Gravity Bar, che ha una visuale a 360 gradi di tutta Dublino. Poter bere una pinta in quel contesto lì è una cosa spettacolare, soprattutto perché è una cosa che puoi fare soltanto se paghi il biglietto d’ingresso e ti fai tutto il giro.
A quel punto, dopo aver bevuto ad esserti rilassato, vai verso l’uscita, e lì trovi chiaramente il negozio dei souvenirs. Ora, dopo 3 ore passate così, si è portati inevitabilmente all’acquisto. Cosa potevano fare per migliorare la fase di vendita? la personalizzazione. Per cui, in quel momento, in 5 minuti è possibile comprare i gadget e personalizzarli. Indovina un po’: uscendo fuori dalla Guinness Storehouse mi sono accorto che l’80% delle persone attorno a me aveva comprato dei gadget.
Ergo, non è solo importante il prodotto che vendi, quanto il valore che riesci ad attribuirgli, e il valore che fai percepire ai potenziali clienti. In fondo la Guinness vende solo birra, o no?
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